venerdì 25 dicembre 2020

Parnassia Palustris

Prendiamo

il sentiero paludoso

per arrivare alle nuvole.

Basho                                                                                                             

mercoledì 26 agosto 2020

Aprile 2020

 

Intervista a un’organizzatrice di escursioni

         che fa parte del WWF Monti Sabatini

 

         Io vivo di paesaggio, riconosco in esso la fonte del mio sangue. Penetra per i miei occhi e mi incrementa di forza. Forse la ragione dei miei viaggi per il mondo non è stata altro che una ricerca di paesaggi, i quali funzionavano come potenti richiami.

(Giovanni Comisso)

 

         Se riesco a scrivere dei libri è perché in un paesaggio vedo cose diverse da quelle che ci vede un altro, sento cose diverse e scegliendo parole diverse riesco a costruire storie che hanno una loro originalità.

(Haruki Murakami) 

 

         Se non la fanno i membri del WWF, le escursioni… ma chi le deve fare? Ci sono i guardiaparco, che le fanno per lavoro, per effettuare ricognizioni; ci sono i fotografi, per riprendere flora, fauna, paesaggi; ci sono gli escursionisti solitari e ci sono le persone che organizzano le escursioni. Come Cinzia, che si muove (e tanto!) nella zona dei Monti Sabatini.

 

 - Anche se la risposta può sembrare ovvia: qual è la differenza sostanziale tra un’escursione solitaria e una di gruppo?

 

 L’attenzione! In un’escursione ci sono tre elementi fondamentali: l’esperienza interiore, l’esperienza del paesaggio circostante, la relazione con gli altri.

In solitaria si è totalmente concentrati sull’esperienza che si sta vivendo, sia quella interna, corporea, delle sensazioni, emozioni, dei pensieri, sia l’osservazione attenta del paesaggio, della presenza degli animali, anche i più piccoli, le piante, rocce; soprattutto, e per me è fondamentale ai fini dell’orientamento, la percezione di come cambia la propria posizione durante gli spostamenti sul terreno.

 Questa attenzione, questa consapevolezza oscilla tra l’uno e l’altro elemento e li compone in un insieme, una gestalt che mi restituisce il ”carattere” del luogo.

Nel tempo ho coltivato la capacità di essere in uno stato di rilassata attenzione, pronta, vigile ma senza tensione; in questo modo, soprattutto quando sto preparando un’escursione, ottengo il massimo delle informazioni nel minor tempo e col minor numero di ricognizioni del percorso.

Con il gruppo, se sono alla guida, sono concentrata sulle esigenze o le difficoltà delle persone, impegnata nella relazione con gli altri, a raccontare, descrivere la storia di quel luogo, sia naturalistica che umana; insomma perdo la magia del silenzio, del suono dei miei passi, del mormorio del vento tra i rami o dell’acqua del ruscello ma mi godo la presenza degli altri e la gioia di condividere, un po’ come quando eravamo bambini, qualche tesoro segreto: un albero maestoso, il gioco della luce tra gli alberi, un rapace in volo, il verso del picchio verde, un insetto che sembra uno smeraldo.

Anche in gruppo è possibile godere di attimi di profonda consapevolezza comune e armonia, sono più brevi, rari ma più appaganti, gioiosi, proprio perché condivisi e col tempo, se il gruppo è piccolo, riesco a propiziarli guidando gli altri a questo “ascolto sensibile”.

Per finire, ricordiamoci che camminare in gruppo è una caratteristica del genere Homo. Cito Telmo Pievani: “…è di capitale importanza rilevare che il gusto per i lunghi viaggi sia diventato un tratto tipicamente umano fin da tempi molto più antichi di quanto non si sia mai pensato, cioè fin dai primordi del genere Homo. Ha inizio qui, due milioni di anni fa, la prima pagina del ricchissimo curriculum di viaggiatore e di esploratore instancabile del genere Homo."[1]

 

- Quali devono essere per te le caratteristiche principali di un’escursione?

 

La prima qualità è l’”anima”. Un’escursione deve avere un soggetto, un centro attorno al quale tutti gli altri elementi si compongono. Spesso mi sembra che io stia narrando una storia piuttosto che proponendo una semplice escursione. Un’escursione è un viaggio con un suo carattere, che deve essere però equilibrato, garantire la varietà dell’esperienza, al primo posto c’è il movimento, l’attivazione fisica; in un’escursione, infatti, si è totalmente immersi in quello che si fa e questo è garantito dal giusto grado di affaticamento, né troppo né poco, perciò è importante che il percorso sia abbastanza lungo e complesso: piccoli guadi, grotte, forre.

Un altro elemento è l’avventura. I luoghi vanno scoperti, come se fossimo noi i primi ad arrivarci: siamo novelli esploratori che affrontano, insieme, difficoltà e peripezie per arrivare alla meta. Tutte le mie escursioni sono “vividamente” avventurose, anche se sicure, perché studiate e variate in base alla situazione e ai componenti del gruppo, e garantite dall’esperienza, che include la capacità di affrontare l’imprevisto con perizia.

In realtà ogni escursione è nuova, anche se il percorso è lo stesso e mille volte fatto. È nuova perché cambia la stagione, perché sono diversa io, perché sono diversi i componenti del gruppo. È come l’esperienza sempre nuova di leggere un libro o, per dirla con Borges, non c’è un libro ma innumerevoli, quante le letture.

 

 Qual è la tua storia come escursionista?

 

Ho cominciato da bambina esplorando in lungo e largo il mio quartiere, la Magliana, uno scrigno di scoperte: orti, pascoli, giardini abbandonati, grotte, canneti misteriosi e naturalmente il Tevere… il ricordo mi commuove. Questi luoghi hanno nutrito la mia curiosità e la capacità di “vedere” e “ascoltare”, fondamentali per conoscere veramente.

Poi da ragazza ho cominciato ad andare in montagna (scoperta tutta mia in una famiglia… marinara). Il primo grande amore, oltre che palestra, è stato il Parco Nazionale d’Abruzzo: io da sola, cartina, pane e coperta, dormendo nei boschi. I suoi panorami, Petroso, lago Vivo, Meta, e gli incontri con gli animali, memorabile quello con i lupi, si sono scolpiti indelebilmente in me facendomi da guida nelle successive esperienze.

Dopo una lunga pausa (sono nati i figli, quattro) ho ripreso a percorrere, sempre in solitaria, l’Appennino, soprattutto Gran Sasso, Laga e Velino, ma il più amato è stato il Gran Sasso dove mi sono sperimentata con l’arrampicata e con il sentiero del Centenario.[2]

Qui ho acquisito sicurezza nel valutare le mie forze rispetto alle difficoltà del percorso ed alle condizioni ambientali, nel calcolare i tempi, migliorare la capacità di orientamento e soprattutto, cosa più ardua per me, fermarmi quando necessario, anche in prossimità della vetta, insomma fare i conti con i miei limiti.

L’incontro e l’adesione al circolo di Legambiente “Lago Sabatino” mi ha dato la possibilità di cimentarmi con le prime responsabilità di guida, di considerare oltre le mie capacità anche quelle degli altri, ho lentamente imparato ad essere presente senza eccedere ma ad intervenire, anche con decisione e fermezza, quando necessario.

Nel tempo, circa quindici anni, sono nate nuove collaborazioni ed esperienze, quelle con il WWF, il Parco di Bracciano-Martignano e di Veio, con la Provincia di Roma, con le associazioni Ti con Zero, Semilune, Ambiente e vita.

 

Racconta l’incontro coi lupi.

 

Ero con la mia cagnolina. Si stava facendo buio, avevo solo il sacco a pelo, niente tenda. Mi sono fatta una… cuccia per dormire con la cagnolina nella faggeta, su un’altura, al riparo di un tronco caduto.

Sentendo rumore di foglie calpestate penso che si tratti di qualche guardaparco e mi affaccio per vedere, la cagnolina mi segue.

Invece vedo due lupi. Rimaniamo come ammaliate, la cagnolina e io, a guardare fisso in giù. I lupi sono fermi, annusano l’aria, poi riprendono il loro cammino. È un episodio scolpito nella mia memoria.

 

Trovi la zona dei monti Sabatini particolarmente adatta alle escursioni?

 

Assolutamente sì, è uno splendido incontro tra natura e storia, un ambiente sorprendentemente ben conservato nonostante la vicinanza con Roma.

Abito sulle colline che si affacciano sul lago, da lì si apre un vasto panorama che da Rocca Romana, passando per il Soratte, spazia fino al Terminillo, in tutte le stagioni non mi stanco mai di ammirarlo, restando stupita ogni volta da tanta bellezza e varietà, credo che un escursionista non potrebbe desiderare territorio più affascinante.

 

Uno dei luoghi preferiti.

 

Il luogo che sto percorrendo al momento è sempre il mio preferito… fino al successivo… insomma sono tutti preferiti, perché ciascuno è unico e prezioso.

Ci sono comunque due mete che non mancano mai nel mio programma di escursioni: Rio Fiume in aprile per la fioritura degli alberi di Giuda e la Riserva di Monterano a maggio-giugno, giusto in tempo per ammirare la fioritura delle orchidee spontanee.

 

Com’è per te l’organizzazione di un’escursione?

 

Comincio sempre dal sentire che cosa voglio trasmettere con quel preciso luogo, con quella specifica combinazione di elementi, perciò cerco, quando possibile, nella presentazione dell’escursione, e comunque lo faccio sempre prima di cominciare il percorso, di esprimere “l’essenza” del luogo.

Poi c’è l’aspetto tecnico: la lunghezza, difficoltà (dislivelli, guadi, presenza di tratti esposti ecc.) La scelta del percorso deve tenere conto anche della stagione e delle condizioni atmosferiche, per questo è importante essere pronti a cambiare meta e tracciato anche in corso d’opera, rapidamente; questo della flessibilità è un fattore importante, soprattutto per adeguarsi alle esigenze e capacità del gruppo nel suo insieme.

Riguardo all’attrezzatura, è un aspetto che curo molto, perché decisivo per godere di una bella, ancorché faticosa, escursione; sono due gli elementi principali: le scarpe e lo zaino. Le scarpe: ovviamente rigorosamente da trekking, possibilmente basse, leggere e dotate di suola con una buona aderenza sul bagnato; consiglio di provare diversi modelli prima di scegliere quello che si adatta meglio al piede. Come zaino va bene da 15/20 litri, per escursioni di una giornata, leggero, ergonomico, ci sono modelli specifici per le donne, e possibilmente con la retìna distanziatrice sullo schienale. Il tutto, completato da vestiti adatti alla stagione e mantellina sempre nello zaino.

 

L’ultima domanda ma, come si dice, non per importanza: che cos’è per te il paesaggio?

 

         Io vedo il paesaggio come un’orma. Di quello che è presente adesso, dall’insetto che vola, all’albero, alla roccia, dalla pioggia alle persone che ci vivono. E di quello che è stato, del passato, le forze potenti che l’hanno scolpito, vulcani, acqua, l’Homo, che l’ha percorso, modificato. Disperatamente amato.

 

Intervista a Cinzia Gabrielli di Sonia Boffa



[1]"Homo sapiens e altre catastrofi" di Telmo Pievani

 

[2] Il sentiero, inaugurato nel 1974, è stato realizzato dalla Sezione CAI dell’Aquila per la celebrazione del centenario della sua fondazione. È una traversata, lunga ed impegnativa, riservata ad escursionisti ben allenati in grado di ettere anche le mani sulla roccia.